
Si sono da poco conclusi gli Assoluti di Ancona. Il meeting annuale che ogni anno vede gareggiare i migliori atleti italiani in varie discipline per il titolo di Campione e Campionessa di Atletica Leggera.
In questo impanto indoor che accoglie ogni giorno le speranze, i sogni e le ambizioni di tantissimi sportivi abbiamo intervistato Stefano Mei che ai nostri microfoni ha parlato del suo passato di Atleta, del suo ruolo in FIDAL e di come gli eventi della sua vita abbiano poi cambiato per sempre il corso di quello che sembrava essere la sua strada.
“Ti chiedo subito di Stoccarda ’86”
Stoccarda ’86 è davvero un ricordo lontano, forse non ha nemmeno senso parlarne alla luce di quello che fanno i ragazzi oggi. Quello è stato penso il punto più alto di una carriera “passabile”, forse si poteva far meglio ma tante volte dipanarsi nella vita non è poi come te lo aspetti. Sicuramente avevo delle qualità ma se non ho vinto di più è stata colpa mia. Accetto quello che è stato e penso sia inutile avere dei rimpianti. Ho sempre guardato ai risultati come agli effetti reali di quelle che sono state le mie scelte personali e non ad una serie fortuita di contingenze e sfortune. Non esiste per me “l’avrei potuto”, quando gareggi dai sempre il massimo e quello che raggiungi dipende solo da te.
“Hai però avuto tanti inforntuni che ti hanno penalizzato”
Gli infortuni fanno parte della vita di un Atleta, per me non è stato come per Tamberi alle Olimpiadi. Sapersi allenare, saper gestire e capire i propri limiti fa parte della maturità di un Atleta, se altri hanno saputo fare meglio di me evidenemente sono stati più capaci di gestire tanti aspetti della preparazione di una gara. La vittoria non si riassume solo nel “tempo migliore” o nella “performance migliore”, quello è il risultato di tanti mesi di allenamenti. La capacità di sapersi tarare durante i mesi che precedono la competizione per arrivare al picco massimo di forma o aumentare in modo progressivo e costante la mole di lavoro senza affaticarsi è un aspetto importante. L’atletica è uno sport sano, se fanno con coscienza e cognizione ti porta a grandi risultati e grandi soddisfazioni.
“Cosa sono stati per te quegli anni, come ti hanno cambiato e come hanno inciso sulla tua vita?”
Paradossalmente il fatto di essere sempre stato considerato una promessa, un predestinato mi ha creato all’inizio tanti problemi. Poi quando ho capito che più semplicemente tutto è collegato a ciò che decidiamo di fare non fare tutti i giorni, ho vissuto la mia carriera con una serenità diversa. Ho accettato i risultati come venivano, prendendoli come la fine di un percorso di lavoro e non come un risultato a cui ero destinato e che dovevo raggiungere. Questo non vuol dire che non abbia sofferto per le sconfitte e se potessi tornare indietro con la testa di oggi avrei sicuramente reso meglio. Chiaro che arrivare secondo non è piacevole, ma bisogna capire ed accettare anche la fragilità che si nascondono dietro la vita di uno sportivo.
“Come è cambiato oggi il mondo dell’atletica rispetto al passato?”
Oggi sono cambiati i parametri dello sport, si fa più attenzione a tanti aspetti sia psicologici che fisici e i nuovi Atleti vivono in modo più spensierato le gare, senza tutta la pressione che c’era prima, ma non per questo si ha un approccio meno serio, anzi. Nei paesi scandinavi lo sport è paragonato ad altre discipline scolastiche, c’è una cura, uno studio ed un’attenzione diversa. Il giovane viene indirizzato sin da piccolo a scoprire e coltivare il proprio talento con dei mezzi che prima non avevamo. L’Atletica Italiana è cresciuta molto, siamo di fronte a tanti campioni. Il livello della competizione Europea si è alzato molto perché vediamo arrivare tante promesse da tutte le nazioni. Vincere oggi un Campionato Europeo è molto più difficile e gratificante.
“Come si posiziona l’Atletica Italiana rispetto a questo nuovo approccio allo sport?”
La cultura sportiva oggi è cambiata. Allenarsi spesso, fare gare, misurarsi con gli altri, avere ambizioni e gestire le sconfitte inizia ad essere visto come un fattore importante per la crescita personale del singolo e per quella culturale di un paese. C’è una consapevolezza maggiore per quelli che sono i valori dello sport e si sta prendendo coscienza del fatto che un giovane che si avvicina all’Atletica ha tanto da imparare anche da un punto di vista umano. Per anni si è visto allo sport nelle scuole come “l’ora di educazione fisica”, oggi invece si inizia a capire che c’è molto di più dietro un semplice allenamento e lo sport viene equiparato alle altre materie.
“E la tua posizione rispetto lo sport?”
Io dico sempre ai giovani “continuate a studiare, continuate a divertivi”. Ci deve essere una cooperazione tra le famiglie, l’educatore e la scuola. E’ importante per noi come struttura FIDAL collaborare per aiutare e proteggere i ragazzi durante la loro crescita, non tralasciando nessun aspetto, sia fisico che mentale. E’ improtante per loro divertirsi ma anche continuare a fare il proprio dovere, misurarsi con nuove sfide senza per questo subire pressioni.
“Cosa pensi ci sia da migliorare per quanto riguarda la gestione tecnica?”
Dovremmo cercare di potenziare i meeting italiani, sia indoor che outdoor. Putroppo mancano le strutture. In Spagna e Germania, gli impanti al coperto sono ovunque. All’aperto abbiamo più impianti che già oggi sono coinvolti in tanti meeting del circuito Europeo. E’ chiaro che si può sempre fare meglio ed è tutto collegato alla cultura sportiva che in Italia sta crescendo e speriamo che si vada sempre di più in quella direzione.
“Ultima domanda più politica. Qual è la tua posizione rispetto per quanto riguarda un nuovo mandato per Malagò”
C’è una legge ed è chiaro che dobbiamo rispettare la legge. Credo che si potrebbe rivedere la legge anche in funzione del fatto lo sport, a differenza della politica, ti mette di fronte ai tuoi risultati. C’è un discorso più meritocratico. Se i risultati sono buoni è chiaro che le persone ti votano e vogliono che tu possa avere la possibilità di continuare a fare un buon lavoro. Secondo me in questo momento dovremmo rivedere la normativa a beneficio di quello che può essere il futuro dello sport anche in virtù di quello di cui abbiamo appena parlato.