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A volte gli “Anni dello sciacallo” riservano delle sorprese (IT, CZ)

Avete ragione, non ha senso ripeterlo ancora: il periodo buio, la collettivizzazione, le persecuzioni e la violenza organizzata contro i nemici del regime: questo è quello che abbiamo imparato dai libri di testo e non sono solo gli storici del nostro paese ad essere concordi. Ma così come facciamo quando leggiamo l’opera di Jírásek, anche qui è necessario aggiustare un po’ la visione di questa “oscurità”. La cultura ufficiale cecoslovacca degli “anni dello sciacallo” prevalentemente era davvero il frutto ripugnante delle menti comuniste e adesso tralascio volutamente la cultura dei samizdat e degli esiliati che erano attivi nel mondo. È però necessario riconoscere che anche in questo periodo la Cecoslovacchia era un paese culturalmente sviluppato dove prosperavano importanti progetti culturali di respiro quantomeno europeo. Il contrasto più grande rispetto al nostro immaginario comune sugli “anni dello sciacallo” è rappresentato dalla fortunata partecipazione della Cecoslovacchia all’esposizione di Bruxelles EXPO ’58. Qui essa dimostrò di essere un paese sviluppato, avanzato, consapevole e colto. Ricordiamo solo l’inusuale architettura del nostro padiglione e l’autobus dal design senza tempo progettato appositamente per l‘evento. Abbiamo solo quattro prove per poter dire che la Cecoslovacchia degli “anni dello sciacallo” produsse ed ospitò opere importanti. Penso che se chiudiamo entrambi gli occhi e non guardiamo i vari crimini commessi in quel periodo lo possiamo dire.

Due storie dal mondo della letteratura

 Non intendo occuparmi qui di tutta quella gamma di macchiette comuniste faziose e schematiche che in quel periodo venivano prodotte su scala industriale. Jan Drda, Marie Majerová, J.V. Pleva, gli scritti di Lenin oppure di Stalin. Nella politica ufficiale troviamo l’ossessione per gli esempi sovietici, a Vítkov la più grande statua equestre del mondo di Jan Žižka, a Letná, poi, l’orribile e mostruoso monumento al più grande (dittatore) Stalin. Il problema nella pubblicazione dei libri era soprattutto nelle serie editoriali che venivano preparate molti anni in anticipo. Su tutto questo, comunque, ha inciso negativamente il colpo di stato comunista del 1948. Molti libri sono stati gettati e, se per caso usciva qualche titolo di qualità, era frutto del caso oppure della concessione dei potenti per l’amicizia personale con gli editori di allora. Il primo dei libri di cui desidero parlare è stato pubblicato pochi anni dopo la guerra, ancora prima della presa del potere da parte dei comunisti e, probabilmente, nessuno degli scettici si sarebbe atteso che venisse ripubblicato dopo il golpe comunista, questa volta senza il motto di Melantrich “Né di fuoco né di spada periremo”. Nonostante tutto è stato pubblicato nel 1951. Mi riferisco a “Storia dell’arte a grandi linee” di Antonín Matějček. Un’opera importantissima su cui hanno studiato e studiano intere generazioni di amanti della storia dell’arte. Antonín Matějček (1889 – 1950) fu uno dei nostri più grandi storici dell’arte della prima metà del XX secolo. Si occupò della pittura ceca gotica ma anche di arte moderna, dobbiamo a lui ad esempio il termine espressionismo. È una vergogna che la sua opera “Storia dell’arte a grandi linee” sia oggi disponibile negli antiquariati alla stessa cifra a cui si vendeva negli anni cinquanta, ovvero la cifra da capogiro, per l’epoca, di 500 corone. Avete ragione, l’opera in sei volumi dello stesso autore “Storia dell’arte” non è mai stata pubblicata durante il comunismo, ma se è per questo non lo è stata nemmeno dopo la Rivoluzione di Velluto.

L’altra opera che vorrei citare sono le “Metamorfosi” di Ovidio, illustrate da Pablo Picasso del 1956. Un’opera senza tempo, pregiata da un’ottima traduzione, illustrata da uno dei più grandi pittori mondiali del XX secolo, che non è mai stata ristampata, neanche dopo la Rivoluzione di Velluto. Ovidio, come lui stesso sembra annunciare nella sua prefazione, con questa opera si è costruito un monumento immortale, cosa che non possiamo dire dell’illustrazione del libro fatta da Picasso. Con pochi segni leggeri Pablo Picasso ha raggiunto l’efficacia di composizioni molto più sofisticate. L’opera di Ovidio, corredata dalle illustrazioni di Picasso risalente agli “anni dello sciacallo”, può essere trovata negli antiquariati al prezzo di 300 corone, ma possiamo affermare con tranquillità che questa pubblicazione ha un valore molto più alto del prezzo espresso in denaro.

Ad esempio ancora nel 1948 sono stati pubblicati i “Colloqui con se stesso” di Marco Aurelio, un’opera davvero unica dei pensieri stoici dell’imperatore romano oppure la prima edizione del celebre libro di Emanuel Poch “Per Praga passo dopo passo”. Emanuel Poche (1903 – 1987) fu un altro importante storico dell’arte, tra gli anni 1948 – 1958 direttore del Museo delle Arti Decorative, il quale si occupò della topografia storico-artistica ceca e in particolare praghese. Il libro “Per Praga passo dopo passo” fu riedito ancora molte volte ed è diventato un’opera fondamentale sui monumenti praghesi.

Se continuerete a cercare tra i libri degli anni cinquanta troverete per esempio la splendida pubblicazione Ezop – Hollar: “Leggende” che oggi nei negozi di antiquariato costa all’incirca 400 corone, ammesso che abbiate la fortuna di trovarla. Václav Hollar (1607 – 1677) fu un importante intagliatore, disegnatore e grafico ceco di statura europea che operò nel XVII secolo.

 Due storie dal mondo del cinema

 A modo suo l’attività editoriale è meno costosa di quella cinematografica. A maggior ragione, dunque, ci stupisce l’attività cecoslovacca di quegli anni.

Per un attimo adesso vi prego di dimenticare “Anna Proletaria” e i film epici sul periodo hussita. Prendiamo per esempio il film “Divá Bára” del regista Vladimír Čech del 1949 che da un soggetto di Božena Němcová trasse un’opera originale di indubbie qualità con l’ottima Vlasta Fialová come protagonista. In quell’epoca provocò quasi uno scandalo perché a 21 si spogliò e nuotò nuda in un lago, questo elemento, però, è solo uno dei tanti momenti forti dell’eterna storia che narra lo scontro tra i pregiudizi degli abitanti di un piccolo paese e una ragazza che si ribella a questi preconcetti e superstizioni. Grazie a questa interpretazione Vlasta Fialová (1928 – 1998) ottenne riconoscimenti in tutto il mondo, soprattutto da oltreoceano moltissimi ammiratori le inviavano lettere piene di entusiasmo. Nell’America del Sud veniva considerata una stella di prima grandezza ed è sicuro che questa attrice sarebbe diventata anche una stella di Hollywood e dei sui grandi studi cinematografici che se la sarebbero contesa.

L’altro esempio è “Viaggio nella preistoria”, il film del 1955 di Karel Zeman. Un film per bambini avvincente e avventuroso che ha insegnato un sacco di trucchi del mestiere a molti registi e che, tra l’altro, ricevette il premio per il miglior film per bambini al festival di Venezia. Un film che intere generazioni di bambini cechi hanno amato.

In questa ottica non dobbiamo dimenticare l’opera di Jiří Trnka di quegli anni che lo rese famoso in tutto il mondo. Jiří Trnka (1912 – 1969) fu un artista, scenografo, illustratore, scultore, sceneggiatore e regista ceco di film animati, uno dei fondatori del film animato ceco e il fondatore del celebre studio “I fratelli in maglietta” che con le proprie opere collezionò più di 50 premi importanti, molti di questi in campo internazionale. Questo artista era soprannominato il Walt Disney dell’est. Creò tutta una serie di opere animate, negli “anni di sciacallo” troviamo ad esempio “Bajaja” (1950), “Il circo allegro” (1951), “Le vecchie leggende boeme“ (1952), „Il buon soldato Švejk“ (1956) oppure l’ambizioso “Sogno di una notte di San Giovanni“ (1958).

Se cerchiamo ancora nella cinematografia cecoslovacca degli anni cinquanta troveremo molte delle favole ceche più amate e più seguite, come per esempio “C’era una volta un re” (dove per la prima volta, e anche l’ultima, si incontrarono le leggende del cinema della Prima Repubblica Vlasta Burian e Jan Werich), “La principessa orgogliosa” oppure “La principessa con la stella d’oro sulla fronte”. Tralasciamo per un attimo i film “Il fornaio dell’imperatore” e “La fornaia dell’imperatore”, pellicole con un ottimo Jan Werich, ma in leggero odore di patos comunista.

Perché riabilitare gli “anni dello sciacallo”?

Perché un uomo giovane (nato nel 1976) ha interesse a riabilitare gli “anni dello sciacallo”? Naturalmente non ho interesse a difendere la linea culturale ufficiale di quel periodo, desidero solo ricordare tutte quelle opere che hanno visto la luce indipendentemente dalla orribile ideologia dominante nella Cecoslovacchia di allora. Potreste ribattere che le opere che ho citato come esempio non sono ideologicamente pericolose e, quindi, non c’è da stupirsi se sono state pubblicate o filmate. Questo, però, nulla toglie al fatto che queste opere si collocano tra le eccellenti creazioni non solo nel contesto cecoslovacco, ma anche in quello europeo. Con questo, comunque, non intendo in alcun modo idealizzare gli “anni dello sciacallo”, è stato un periodo terribile pieno di crimini, repressioni e arbitri da parte dei comunisti e della politica culturale ufficiale della Cecoslovacchia, fu un periodo funesto e pieno di barbarie. Ci tengo però a sottolineare che anche in questo periodo di “oscurità” sono apparse delle opere che non hanno pari nei piani editoriali e cinematografici, e faccio presente che sono trascorsi più di vent’anni di libertà e democrazia dalla Rivoluzione di Velluto.

 Traduzione di Andreas Pieralli

 

 

 

Šakalí léta občas překvapí

Rád bych se omluvil všem čtenářům, kteří si myslí, že můj text bude třeba o prvním polistopadovém muzikálu, který měl umělecky splatit český dluh rock and rollu. Bude ovšem o době, kterou tento snímek zobrazuje, o konci čtyřicátých a o létech padesátých v oficiální československé kultuře, tentokrát z jiného úhlu pohledu.

Ano, nemá smysl si to znovu opakovat: doba temna, kolektivizace, perzekucí a organizovaného násilí na nepřátelích režimu, četli jsme to tak v učebnicích a shodnou se na tom nejen historici naší země. Ale stejně jako při četbě Jiráskova díla, je potřeba si náš pohled na toto „temno“ trošku poupravit. Oficiální československá kultura „šakalích let“ sice opravdu byla z převážné části odporným výplodem komunistických mozků a teď záměrně necháváme stranou kultury samizdatovou a exilovou, které se měly čile k světu. Je nicméně nutné přiznat si, že i v této době bylo Československo kulturně vyspělou zemí, kde se dařilo významným kulturním projektům minimálně v evropském měřítku. Největším kontrastem našich zaběhnutých představ o „šakalích letech“ je úspěšná účast Československa na bruselské výstavě EXPO ´58. Naše země se tam představila jako vyspělá, úspěšná, seběvědomá a kulturní. Jen vzpomeňme na nevídanou architekturu našeho pavilónu a speciálně vyvinutý a nadčasový autobus. Mám jen čtyři důkazy na to, abychom řekli o Československu „šakalích let“, že vydávalo významná díla a kde významná díla vznikala. Myslím, že když přivřeme obě oči, a nevidíme různé bezpráví, které u nás nejen v té době panovalo, říct to můžeme.

Dva příběhy ze světa literatury

 Nerad bych se zde zabýval celou plejádou tendenčních a schematických komunistických škvárů, které v této době vycházely jako na běžícím pásu. Jan Drda, Marie Majerová, J.V. Pleva, spisy Lenina nebo Stalina. V oficiální politice posedlost sovětskými vzory, na Vítkově největší jezdecká socha světa Jana Žižky, na Letné například obludně monumentalistický pomník největšímu (diktátorovi) Stalinovi. Problém při vydávání knih je primárně v edičních řadách, které byly připravovány s několikaletým předstihem. Do všeho nicméně negativně zasáhl komunistický únorový puč roku 1948. Mnoho sazeb knih bylo rozmetáno a když náhodou nějaká kvalitní kniha vyšla, bylo to dílem náhody či ústupku moci vůči osobním přátelstvím někdejších nakladatelů. První z knih, o kterých chci mluvit, vyšla pár let po válce ještě před komunistickým převratem a asi nikdo ze skeptiků by neočekával její nové vydání, tentokrát bez melantrichovského „Nepodlehne ani ohni ani meči“ po komunistickém puči. Přesto vyšla v roce 1951. Mluvím o „Dějinách umění v obrysech“ Antonína Matějčka. Svrchované uměnovědné dílo, ze kterého se učily a učí generace milovníků dějin umění. Antonín Matějček (1889 – 1950) byl jedním z našich největších historiků umění první poloviny 20. stol. Zabýval se českou gotickou malbou, ale také moderním uměním, z jeho dílny například pochází termín expresionismus. Je jen neúctou k jeho „Dějinám umění v obrysech“ samých, že jsou dnes v antikvariátech  k dostání za stejnou částku, za jakou se prodával v padesátých letech, za tehdy neuvěřitelných 500 Kčs. Máte pravdu, šestidílné „Dějiny umění“ stejného autora za komunismu nikdy nevyšly, ale stejně tak je tomu i po sametové revoluci.

Druhé dílo, o kterém bych se rád zmínil, jsou Ovidiovy „Proměny“ s ilustracemi Pabla Picassa z roku 1956. Nadčasové dílo ve skvělém překladu s kresbami jednoho z největších světových malířů 20. století, které nikdy potom, tedy ani po sametové revoluci, nevyšlo v reedici. Ovidius, jako by to sám ve své předloze tušil, si tímto dílem vystavěl pomník nesmrtelnosti, to samé můžeme říci o Picassově knižní ilustraci tohoto díla. Pablo Picasso pár jemnými tahy docílil účinnosti mnohem komplikovanějších kompozic. Ovidiovo dílo s Picassovými kresbami z „šakalích let“ je dostání v antikvariátech za 300 Kč zhruba, můžeme směle říci, že toto vydání má hodnotu mnohem větší než je cena vyjádřená penězi.

Například ještě v roce 1948 vyšly „Hovory k sobě“ Marca Aurelia, velmi ojedinělé dílo stoických myšlenek římského císaře nebo první vydání proslulé knihy Emanuela Poche „Prahou krok za krokem“. Emanuel Poche (1903 – 1987), byl další významný historik umění, mezi lety 1948 – 1958 ředitel Umělecko-průmyslového muzea, který se zabýval umělecko-historickou topografií českou a zvláště pražskou. Kniha „Prahou krok za krokem“ vyšla ještě mnohokrát v reedicích a stala se základním dílem o pražských památkách.

Pokud budete pátrat dále po knihách z padesátých let, objevíte například nádhernou publikaci Ezop – Hollar: „Bajky“, která orientačně v dnešní době stojí okolo 400 Kč v antikvariátech, pokud na ní ovšem vůbec natrefíte. Václav Hollar (1607 – 1677) byl český rytec a kreslíř, přední grafik evropského významu 17. století.

 Dva příběhy ze světa filmu

 Nakladatelská činnost je svým způsobem méně nákladná, než činnost filmová. Tím spíše nás překvapí československá aktivita v těchto letech.

Teď na chvíli, prosím, zapoměňte na „Annu Proletářku“ a eposy o době husitské. Vezměme si například film „Divá Bára“ režiséra Vladimíra Čecha z roku 1949, kdy z námětu Boženy Němcové vzniklo svébytné dílo nesporných kvalit se skvělou Vlastou Fialovou v hlavní roli. V těchto letech způsobila téměř skandál, protože se ve svých 21 letech svékla a nahá plavala v jezeře, tento prvek je ovšem jedním z mnoha silných momentů nadčasového příběhu střetávání vesnických přežitků a hrdinného děvčete, které se těmto předsudkům a pověrám postavilo. Vlasta Fialová (1928 – 1998) si svým výkonem zasloužila obdiv po celém světě, hlavně za oceánem se jí obdivovali a posílali spousty nadšených dopisů. V Jižní Americe byla považována za hvězdu první velikosti a není pochyb, že by tato herečka byla hvězdou první velikosti i v Hollywoodu  a velká filmová studia by jí nosila na rukou.

Druhým příkladem budiž „Cesta do Pravěku“, film z roku 1955 Karla Zemana. Napínavý a dobrodružný dětský film, od kterého se učily celé generace trikových filmařů, který například získal cenu za nejlepší dětský film na festivalu v Benátkách. Film, který obdivovaly generace českých dětí.

V této souvislosti nesmíme opomenout tvorbu Jiřího Trnky z těchto let, která ho proslavila po celém světě. Jiří Trnka (1912 – 1969) byl český výtvarník, ilustrátor, sochař, scénarista a režisér animovaných filmů, jeden ze zakladatelů českého animovaného filmu a zakladatel proslulé animátorské dílny „Bratři v triku“, který za svá díla získal na 50 významných ocenění, mnoho z nich na mezinárodním poli. Tomuto umělci se přezdívalo Walt Disney východu. Vytvořil řadu animovaných děl, do „šakalích let“ spadá např. „Bajaja“ (1950), „Veselý cirkus“ (1951), „Staré pověsti české“ (1952), „Osudy dobrého vojáka Švejka“ (1956) nebo výtvarně náročný „Sen noci svatojánské“ (1958).

Pokud pátráme dál v československé kinematografii padesátých let, objevíme několik dlouhodobě nejpopulárnějších a nejsledovanějších československých pohádek, jakými jsou například „Byl jednou jeden král“ (kde se poprvé a naposledy sešly legendy prvorepublikového filmu Vlasta Burian a Jan Werich), „Pyšná princezna“ nebo „Princezna se zlatou hvězdou na čele“. Pomiňme teď na chvíli „Císařova pekaře“ a „Pekařova císaře“, filmy s výborným Janem Werichem, ovšem mírně podbarvené komunistickým patosem.

Proč rehabilitovat „šakalí léta“?

Proč má nějaký mladý člověk (nar. 1976) zájem na rehabilitaci „šakalích let“? Já ovšem nemám zájem nějak obhajovat oficiální kulturní linii tohoto období, jen chci poukázat na některá díla, která spatřila světlo světa nezávisle na hrůzné ideologii vládnoucí v tehdejším Československu. Můžete mi namítnout, že díla, která jsem uvedl jako příklad, nejsou ideologicky závadná a tedy není žádný div, že vyšla anebo byla zfilmována. To ovšem nic neubírá na tom, že tato díla patří mezi vynikající výtvory nejen v československém, ale i evropském kontextu. Tímto vším si vůbec nechci nijak „šakalí léta“ idealizovat, byla to otřesná doba plná bezpráví, útlaku a komunistické zlovůle a v oficiální kulturní politice Československa zhoubná a barbarská doba. Rád bych ovšem zopakoval, že i v této době „temna“ se občas objevila díla, která nemají v nakladatelských a filmařských plánech obdoby a to jsme dál, než dvacet let ve svobodě a demokracii od sametové revoluce.

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