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“Architetti italiani nella Praga asburgica, Secoli XVI-XVIII”. Introduzione di Mauro Ruggiero al libro di Francesco Jappelli

Una città non è solo un centro urbano, con le sue periferie più o meno estese, fatta di edifici, strade, piazze, monumenti, vie… ma un vero e proprio organismo vivente, un elemento nel suo complesso unitario, un tutto superiore alla somma delle sue parti, coerente e in continua trasformazione.

 Ogni città ha una sua storia, una memoria collettiva, un carattere peculiare che la contraddistingue, un suo “ritmo” e, in un certo senso, quella che potremmo definire una vera e propria anima.

Se ciò è vero, qual è l’anima di Praga, capitale dell’attuale Repubblica Ceca, da sempre definita “magica”, perla “d’oro e nera” di rara bellezza incastonata nel cuore dell’Europa, che da millenni esercita un fascino irresistibile, quasi oscuro su artisti, scrittori, intellettuali e uomini di scienza di ogni parte del mondo?

Francesco Jappelli, fisico, scrittore e fotografo di paesaggi urbani è da anni ormai alla ricerca di quest’ anima, delle sue fattezze, e ritiene di averla – se non trovata – quanto meno scorta nei luoghi sospesi tra il materiale e l’astratto, negli spazi invisibili tra il tangibile e l’onirico, negli scorci rarefatti di questa città a metà strada tra l’ideale e il reale che, come particelle nel vuoto quantico tenute insieme da una forza universale e invisibile, costituiscono l’essenza intima di Praga, un’ essenza che l’autore cerca di “catturare” e rendere visibile nelle sue fotografie in bianco e nero, scattate con la precisione del fisico e, al tempo stesso, la sensibilità dell’artista.

Il volume Architetti italiani nella Praga Asburgica. Secoli XVI-XVIII è il quinto lavoro di Jappelli dedicato alla Capitale boema, e un’ulteriore testimonianza del profondo legame che lo tiene stretto a quella che, non a caso, viene definita anche come “la città delle cento torri”.

Nel libro l’autore indaga con dovizia di particolari un capitolo affascinante e importate della storia dell’architettura ceca: il contributo degli architetti italiani alla trasformazione di Praga durante il periodo asburgico, tra il XVI e il XVIII secolo: un’epoca di grandi cambiamenti politici, sociali, religiosi e culturali, in cui la città si trasformò in un vero e proprio laboratorio artistico e intellettuale di idee e influenze provenienti da tutta Europa e oltre.

Al tempo Praga era un crogiolo, un Atanor alchimico in cui saperi e tradizioni eterogenee convivevano in una certa armonia tra loro e si intrecciavano e influenzavano vicendevolmente dando vita a nuove forme di espressione artistica e creativa in generale.

Chiamati in Boemia dai nobili e dalla corte asburgica, tra il XVI e il XVIII secolo arrivarono a Praga numerosi architetti, artisti e maestranze edili italiane che stabilitisi nella capitale rudolfina, con le loro grandi doti professionali e una creatività senza pari, svolsero un ruolo fondamentale nella creazione di una nuova identità urbana, portando con sé gli stilemi del Rinascimento e del Barocco e adattandoli al contesto locale, dando così vita a un’architettura ricca e variegata e a opere artistiche di straordinaria bellezza e complessità. Tali opere consentirono agli italiani di plasmare il cuore della città e lasciare un’impronta indelebile che ancora oggi, sfidando i secoli, mostra tutta la sua magnificenza ed è testimonianza imperitura della straordinaria vitalità artistica di un’epoca.

ll periodo più intenso della presenza degli architetti italiani in Boemia è di fatto quello successivo alla Battaglia della Montagna Bianca (1620), scontro decisivo nella Guerra dei Trent’anni che sancì la sconfitta dei protestanti e riaffermò il potere della Chiesa cattolica sulle Terre Boeme. La Controriforma, con la sua spinta alla costruzione di splendidi e grandiosi edifici religiosi che incarnavano i “nuovi” ideali di spiritualità, offrì agli architetti italiani numerose opportunità di esprimersi, dando vita a palazzi e altre opere che, dal punto di vista architettonico e artistico, sarebbero diventati un punto di riferimento per l’architettura ceca delle epoche successive.

L’architettura, infatti, come scienza e forma di arte complessa, giocò un ruolo fondamentale sia per soddisfare il bisogno estetico e la volontà di ostentare potere e ricchezza della nobiltà, sia per l’affermazione tangibile del potere spirituale cattolico. Se le ville e i palazzi di corte dovevano essere la rappresentazione del prestigio e della prosperità delle famiglie, le chiese e i luoghi di culto, con le loro forme opulente e i loro giochi di luce, miravano invece ad esaltare il potere e la gloria di Dio e dei suoi ministranti, con lo scopo, non secondario, di suscitare forti emozioni nell’animo dei fedeli.

Nel volume, Jappelli si sofferma anche sulla Congregazione italiana di Praga, la cui storia secolare è testimonianza della presenza italiana in Boemia fin dal XV secolo.

La comunità di italiani a Praga era composta principalmente da maestranze edili e architetti impiegati proprio nei cantieri del Palazzo Reale, delle residenze della nobiltà e degli edifici religiosi, e sotto la guida dei Gesuiti presenti nella città, diede vita alla “Congregazione della Beata Vergine Maria Assunta in Cielo”; un’istituzione con fini assistenziali e religiosi che al motto “Pro Deo et paupere” aveva come missione da una parte la difesa della fede cattolica nella Boemia protestante, e dall’altra la realizzazione di opere caritatevoli come l’assistenza ai poveri e ai bisognosi.

Attraverso un ricco apparato iconografico e pregevoli testi dell’autore, il libro ci invita a compiere un affascinante viaggio alla scoperta di palazzi, chiese, monasteri e altri capolavori del genio e della creatività degli italiani.

Le foto di Jappelli hanno davvero la capacità di svelare il lato “intimo” dell’architettura, e cioè quella dimensione che esiste oltre le forme, oltre le linee geometriche e gli spazi. Queste immagini rivelano la relazione tra l’uomo – essere biologico dotato di pensiero, senso estetico e capacità artistica – e l’ambiente fisico in cui vive e opera, come “luogo dell’essere”, che plasma secondo i suoi modelli, valori e idee, in accordo con le leggi fisiche e naturali a cui è soggetto. 

Ma l’autore ci parla anche di chi queste opere le ha realizzate, e ci racconta storie che gettano nuova luce sulla complessa realtà sociale e culturale di una delle epoche più ricche della storia di Praga.

Architetti italiani nella Praga Asburgica. Secoli XVI-XVIII è un’opera che ci invita a scoprire, da un’altra angolazione, una città affascinante e multiforme, un luogo dove culture diverse e differenti visioni del mondo si sono incontrate, scontrate e fuse in dinamiche feconde che hanno dato vita a un patrimonio artistico unico che, oggi come mai, possiede un valore inestimabile.

Mauro Ruggiero

Istituto Italiano di Cultura di Praga

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